26.10.07

Berkoff: tentando di dipanare il groviglio di informazioni e pettegolezzi sul suo conto, in un’orgia massmediologica in cui lui stesso è vittima sacrificale e ministro del sacrificio. Un nome sconosciuto a molti (“Steven who?”) e il volto noto a tutti, capace di suscitare passioni forti, che oscillano dall’adorazione al disgusto, ma che raramente scadono nella mediocrità o nel tiepido giudizio. L’uomo di teatro, che tanto ha lottato per smuovere i titani soffocanti della West End, negletto, aggressivo e pronto a colpire per non essere affondato. L’uomo di cinema, che a causa di qualche successo da botteghino ha inciso delle carni, nelle pieghe del volto cangiante, un timbro indelebile, una sorta di lettera scarlatta leggibile nel luccichio agghiacciante dei suoi occhi: ‘V’, villain. Cattivo. Creatore di un teatro e di una letteratura che trovano un’impressionante corrispondenza autobiografica, una narcisistica messa in scena della sua stessa vita: Steven Berkoff-l’uomo viene confuso con Steven Berkoff-l’attore, fino a venire giudicato ed attaccatto personalmente a causa delle azioni delle “persone drammatiche” a cui ha insufflato energicamente vita: se Victor Maitland cerca di eliminare il Beverly Hills Cop Eddie Murphy, perché Steven Berkoff non dovrebbe esser capace di uccidere il critico che ha minacciato (“per scherzo, ho grande rispetto per la vita umana”) dopo una recensione distruttiva? E se il povero Harry si suicida per aver ricevuto solo sei cartoline di auguri natalizi, perché non colpire colui che lo ha creato, insinuando che di sicuro anche la sua vita sarà vuota e arida come quella del soccombente personaggio? Attore di genio, regista di talento, con un penetrante sguardo da clown perverso e un fare da teppista provocatore, Berkoff ha speso tutta la sua carriera e gran parte della sua vita a dimostrare di essere all’altezza di chi lo circondava, e l’unico mezzo per reagire al senso di rifiuto e solitudine, persino di persecuzione, è sempre stato quello di aggredire per primo, di agire perennemente in nome dell’esagerazione, dell’eccesso, dello scandalo; il suo merito - la sua condanna - è la singolarità assoluta del suo essere uomo di spettacolo tout court, e questa eccezionalità destina Berkoff ad una profonda solitudine da “mosca bianca”, anche nella sfera privata: lui stesso ammette di aver sacrificato per la vita artistica “la normalità, la possibilità di avere una famiglia con dei figli, la felicità, l’equilibrio necessario per costruire una vita lineare”

Nessun commento: